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Vivrei in UK solo se potessi condividere un loft con Lady Leshurr

Vivrei in UK solo se potessi condividere un loft con Lady Leshurr

La prima volta che ho sentito Lady Leshurr ero in un negozio di dischi nei pressi di Portobello a Londra.

Non vado spesso nel Regno Unito. Cibo di merda, tempo peggio… Harry scassapalle Potter, l’unica cosa buona era che mio fratello stava finendo il dottorato lì quindi potevo salire e stare un po’ di giorni da lui, mentre mi facevo un po’ di sciacallaggio di vinili per le strade bagnate della City. La radio trasmetteva la tune e lo speaker annunciava Lady Leshurr come una nuova smash grime girl.

“Chi cazzo è Lady Leshurr?” chiedo al tipo del negozio.
“Una sorta di Missy Elliott britannica che fa grime” mi risponde con scazzo.

Grime, certo. Garage rap, mixoni di rap e dancehall uniti dal collante dell’elettronica. Roba che va forte in UK sin dagli anni 90 e in tanti ci hanno provato, molti ci sono riusciti e altri sono evoluti in qualcosa di più personale e potente. Mentre tornavo a casa da mio fratello, lungo la strada, sotto quella cazzo di pioggia infame targata Albione, continuavo a pensare a questo nome: Leshurr, pronunciato Lisha aka Mona Lisha.

L’unica soluzione alla mia mente ossessiva, come spesso accade ultimamente, me l’ha fornita Youtube che mi ha spiegato in pochi video chi fosse questa super potenza della black music inglese. Dopo una serie di freestyle sono capitato su un video chiamato “Clique” girato a Milano e lì ho capito tutto. The queen, cazzo.
Avevo già visto Lady Leshurr a Milano, in un live non proprio sbandierato al Q21 di via Padova, insieme alla mia amica del cuore Francesca. Una serata pazzesca dove ci eravamo presentati da gran signori, tutti eleganti e strafatti, liberi di farci coinvolgere fino al midollo in un’orgia di grime e dancehall. La regina del grime, per l’appunto, così l’ha definita Wiley, king del genere. Ricordo che quella sera del 2013 avevo ballato come un coyote, saltando e pensando fin da subito che questa piccolina di Birmingham ci stava facendo lo scalpo, insieme al suo sound SoFresh.

 

Nata da genitori caraibici, piccola come un colibrì di St. Kitts, con uno sguardo potente, un sorriso smagliante, un corpo pazzesco e un fascino molto britannico, Melesha O’Garro (classe 1988) è diventata Lady Leshurr spaccandosi di freestyle fino a essere incoronata queen dalla rivista Spin.
Sul tubo si trovano i suoi famosi Queen’s Speech che sono poi diventati di recente un EP dopo il delirio virale del 2015, portandola letteralmente a One Million Views (di cui c’è anche una tune).

Come la tipa che vive difianco a te e che fa casino fino all’alba, dando feste da paura, Leshurr gira nell’underground da parecchio e come gli artisti di questo tipo sono soliti fare, si è dedicata principalmente a mixtape, affinando la propria tecnica per arrivare (si spera) presto a un album.
Dal 2009 al 2013 si sono susseguiti: The Last Second, Unleshurr, 01:21 AM, L Day (2011), Friggin L (2011), 2000 and L (2012), L Yeah! (2013), Mona Leshurr (2013, forse quello più importante) e Lil Bit of Lesh (2014). La sua capacità sta tutta nell’improvvisare, nel tagliare rime e nello stare sul ritmo senza scomporsi, senza spettinarsi mai. Indossa Jordan che spaccano da colori importanti, vestiti comodi, si muove a suo agio senza voler essere quello che non è. Passa dal mondo di Eminem e Missy Elliot richiamando suoni e cadenze di Sister Nancy, con la facilità che avrebbe Mr Williamz di fare toasting se stesse scopando con Nicki Minaj.

Mille featuring con svariati nomi della scena britannica dimostrano che non si tratta di una concentrata solo su se stessa. Anzi. Chi la conosce bene afferma che ha rifiutato diversi corteggiamenti dalle etichette più disparate, dal Regno Unito agli Usa, perché l’importante è (parole sue) “non compromettere la mia vena artistica”. Così con Vibe in featuring con Geko mi fa capire che si più ascoltare il grime senza essere fatti come un cocco, con Queen’s Speech ep.4 mi convince a comprare tutte le tune che trovo in giro con il suo nome sopra, con #LUKATAR mi fa iscrivere a tutti i suoi canali social da Twitter a Youtube, Vevo, Facebook, poiché per Lady Leshurr i social sono un po’ feudi da conquistare a colpi di rime. Con #UNLEASHED (un freestyle su Panda) mi induce a mostrarla a tutti i miei amici.
“Sapete chi è Lady Leshurr?” chiedo in giro a tutti e se la risposta è “no”, sbatto in faccia questo video recentissimo, oppure opto per l’ultimo arrivato a palazzo, ovvero la hit Where are you now?! singolo che speriamo preceda finalmente un album, in featuring con il re, Wiley.

Sono tornato tempo dopo a Londra, dopo aver scoperto tutte queste cose e mio fratello aveva finito il dottorato, ma c’era comunque sempre la pioggia. Abbiamo festeggiato insieme e siamo andati in un pub a bere come vecchi bucanieri. Alla tv la BBC manda un live di Lady Leshurr dove lei si mette a rappare in diversi stili passando da Missy Elliott a Eminem, fino a Drake.

Penso di essere sbronzo marcio, eppure il giorno dopo ricordavo che quel live iniziava con lei che diceva che il primo pezzo mai ascoltato nella sua storia era proprio Bam Bam di Sister Nancy (che per la cronaca è anche uno dei miei pezzi della vita). Il grime che ti suona sempre così aggressivo, diventa subito positivo. Lo è, tangibile, attraverso la piccola wonder woman di St. Kitts.

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Così, il giorno dopo, in un loft spoglio e umido nei pressi di Hackney Wick, ho passato la mattina a sentire Lady Leshurr cantare la sua personale versione di Bam Bam. La pioggia aveva smesso di rompere, faceva meno freddo e il sole illuminava i canali.
Così ho capito che potrei vivere in UK solo se condividessi un loft con Melesha come flatmate.
Che si sveglia la mattina con i postumi, si mette le Jordan, piazza nelle cuffie un po’ di dj style e sorridendo ti passa il suo motto: “Woke up to reality only to chase my dream”.