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Shot #24: Marina P presenta Summer on Mars

Shot #24: Marina P presenta Summer on Mars

Ho un debole per Marina P come si può notare dal coinvolgimento che porto avanti nei suoi confronti. Ho un debole artistico per la sua voce e il suo modo di cantare, così come per i suoi dischi e come vengono presentati. Sia graficamente, sia come caratura.

Non è la prima volta che questa ragazza livornese, ora francese, passa da queste parti. Avevamo già avuto modo di conoscerci per la rubrica Gyal Powder e insieme al suo compagno ci aveva fornito uno splendido roots mixtape per la rubrica #mixnami. Oggi è qui con noi per inaugurare il 2019 di #Trigger parlandoci del suo nuovo LP in combo con Stand High Patrol, dal titolo Summer on Mars.

Il disco è qualcosa di eccezionale. Ha un’anima dub, ma grazie alla voce di Marina lo spettro della sua portata è assai più ampio. C’è il sound dei sound system, l’esperienza del reggae, la voglia di dire qualcosa di semplice e di dimenticato, dimenticato troppo facilmente. Quindi si parte con la “working class” in una splendida intro tune che suona come una ballata. Si parla di “atmosphere” si parla di “spring rain” si parla anche male del padrone di casa, il “landlord” che raddoppia l’affitto senza pietà. Marina e i Stand High sono blues, sono jazz, sono reggae rebels, sono urban con toni europei, sono quell’orizzonte politico, sociale e musicale che i governi delle destre, degli estremi, dei razzisti vogliono sedare, soffocare, far finta che non ci siano. Invece, fortunatamente, queste onde energetiche ci sono e continuano a pompare buone vibes.

Ciao Marina, bentornata su Reggaeradio.it
Questa volta mi piacerebbe parlare con te del tuo nuovo disco insieme a Stand High Patrol, che personalmente ho trovato una vera cannonata. Vuoi raccontarci come è nato il progetto e come si è evoluto il tuo percorso artistico a oggi?

Conosco i ragazzi di Stand High da una decina d’anni, mi hanno invitata a numerose session in Sound System come mc/singer e mi hanno accompagnata per la promozione del mio primo album. Sono anni che proviamo commistioni tra i loro riddim e le mie strofe in live e anni che Jim lavora su remix miei vocals come quello che è uscito sull’EP Something New che ho prodotto nel 2017 con Homeys Records. Proprio dopo l’uscita di questo progetto ci siamo lanciati la sfida di un album con solo miei vocals, per creare un progetto eterodosso, fuori dagli schemi del mondo abbastanza codificato del reggae/dub, senza linea direttrice, senza definire uno stile. Volevamo un progetto libero che corrispondesse a tutti gli stili di musica che ascoltiamo e che ci rappresentasse in modo collettivo.

Ogni brano ha una forza e un sapore diverso, come una serie di piatti ben preparati dalla stessa cucina. Il risultato del lavoro fatto tutti insieme è premiante e si nota come alla base ci sia una concentrazione collettiva tra te e il sound. Anche l’artwork segue questa linea e, vista la cura per i dettagli, volevo chiederti come nasce il concept e come hai lavorato al visual.

L’album è stato elaborato in maniera atipica. Ho scritto tutte le canzoni, testi e linee vocali con delle griglie di accordi che ho tenuto per me. Mandavo a Jim la o le piste di voce e il BPM senza nessuna indicazione. Abbiamo usato solo la prima pista vocale, registrata one shot, per conservarne la spontaneità e anche le imperfezioni. Jim ha dato questa uniformità all’album con le sue produzioni inattese. Il mix è stata la tappa più complessa con vari scambi di file tra tutti i membri del gruppo. Tutto questo lavoro si basa dall’inizio sulla fiducia reciproca e sulla voglia di sorprendersi vicendevolmente. Il sound che ne è uscito è coerente, con una forte influenza anni ’90, tipo Bristol alla Smith and Mighty, ma anche G-funk West Coast alla Dre o early techno, quei suoni cioè che hanno costruito la nostra adolescenza. Il visual è stato affidato allo street artist Kazy che si è occupato di tutte le copertine di Stand High e che curerà anche i visual del live che stiamo montando.

Chi combatte per la working class? Grazie all’atmosfera. Flow di primavera ed estate su Marte. Messaggi molto chiari e molto definiti, come a voler cantare qualcosa di personale, ma che abbia un senso per tutti. C’è bisogno di cantare questi temi e sensibilizzarsi? Ecologia, sociale, antropologia… Si può quasi definire un disco politico?

Tutti i testi sono estremamente personali, ma le questioni sollevate sono esistenziali e quindi, credo, universali. Non sono stati scritti con l’obiettivo di sensibilizzare gli altri, ma perché avevo voglia di riflette su questi topics e mi volevo emancipare da alcune tematiche classiche. Il mio obiettivo principale è emozionare l’ascoltatore, parlare di noi esseri umani, della vita in generale, che sia la mia, quella degli altri, quella di un androide, dei fiori a primavera, dei satelliti nello spazio. Tutte le canzoni in definitiva parlano di questo, della nostra impermanenza e della nostra fragilità letta in scala, in diversi contesti e sistemi, da quello Solare a quello sociale.

Parliamo di futuro e di nuove prospettive. Parliamo di dove ti possiamo trovare e di quello che farai con questo splendido disco. Avete un tour promozionale? Avete in mente di stampare un vinile?

L’album è uscito anche in vinile come da tradizione per Stand High Records. Stiamo preparando il live per il 2019, in cui sarò al microfono con Rootystep alla selezione, McGyver agli effetti e Merry alla tromba. L’anno sarà dedicato alla promozione di questo progetto e di qualche altra release con Homeys Records.

Ho fatto ripartire il tamburo della nostra pistola musicale che colpisce e non fa male. Trigger is back e quindi passo tutto al mitico Fede di Puma per il prossimo shot.