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Ho ascoltato Mad Woman di Teta Mona e ho voluto saperne di più

Ho ascoltato Mad Woman di Teta Mona e ho voluto saperne di più

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Una delle cose fighe che ti capita quando scrivi di musica, come nel mio caso, è che senti i dischi in anteprima. Dico che è una cosa figa perché puoi anticipare dei bei momenti e bullarti un po’ con gli amici.

I bei momenti che mi ha anticipato Mad Woman, disco di esordio di Teta Mona, sono parecchi.
Mad Woman è molto curato, soft e sensuale, perfetto per un ottimo risveglio o per un dopo cena, pieno di esperienze musicali e di grandi prospettive. Non ascolto molto musica italiana, ma ascolto sempre volentieri la musica fatta dai connazionali che si ispirano al buono della penisola e guardano a orizzionti internazionali. Dopo che per diversi giorni mi svegliavo con la voce di Teta nello stereo, ho deciso di intervistarla per saperne di più. Su di lei, sulla sua musica, sul suo disco.

RR: Ciao Teta, benvenuta su Gyal Powder, la rubrica di ReggaeRadio.it che racconta storie della sfera femminile della black music in tutte le sue forme. Per prima cosa, iniziamo subito da una tua presentazione. Mi sono ascoltato alcuni tuoi lavori passati, prima di arrivare a questo primo disco: Mad Woman. Ci ho trovato dentro un sacco di sonorità e melodie strafighe, che mi hanno richiamato suggestioni alla Martina Topley Bird, Santigold e Abra. Hai voglia di dirci qualcosa su di te per i lettori di Reggaeradio.it?

TM: Grazie, per me è un onore essere qui. Ammetto di non conoscere nessuna di queste tre artiste a cui mi hai paragonata, ma ti ringrazio per averlo fatto, le ho ascoltate ed apprezzate. Non sono brava a parlare di me stessa, preferisco rimandarvi alla mia musica! Sono felice che il mio disco vi sia piaciuto e lo sono ancora  di più nel sentire il vostro entusiasmo nei confronti di questo progetto che è effettivamente un punto di arrivo per me, nonostante sia il mio primo vero disco solista.

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RR: Il tuo disco d’esordio, Mad Woman, è decisamente reggae. Suona roots e dub, ma con i fiati e diversi echi di musica italiana fatta con tutti i crismi si sente l’aria del tropico e dello scirocco. Un po’ come nelle situazioni di Hollie Cook.  Come mai questa scelta di realizzare un album in levare? Quanto lavoro c’è dietro a Mad Woman? Com’è lavorare con Prince Jaguar?

TM: Le Slits sono probabilmente uno dei miei gruppi preferiti. Però Hollie Cook l’ho scoperta non molto tempo fa, e mi ha completamente stregata. Ho grande familiarità con la musica reggae e la black music in generale, perché sono musicalmente cresciuta con l’I&I Sound System di Altamura fino al 2003.
Ho lasciato il sud Italia per Londra quando ero poco più che ventenne e sono tornata, senza volerlo veramente, dopo più di dieci anni. Quel periodo storico era molto particolare, ho lasciato l’Italia durante un momento di crescita e di cambiamento mio personale, ma anche del mondo discografico, ho intrapreso strade diverse e mi sono ritrovata a vivere e creare musica a cavallo tra l’era analogica e quella digitale degli mp3. Quando mi sono trasferita in UK e ho cominciato a fare musica sul serio con Screaming Tea Party; YouTube e Facebook non erano ancora popolari come lo sono oggi. In dieci anni il mondo si è ribaltato e adeguarsi non è stato per niente facile. Qui in Puglia però è come se non fosse cambiato niente. Fare musica con Prince Jaguar mi ha riportata indietro nei posti da cui provengo, e le mie radici hanno preso il sopravvento. La scelta di fare dub è avvenuta quasi per gioco, dopo che Jaguar ha arrangiato Stronger Than Pain in versione dub. Era una canzone al pianoforte, una demo che gli avevo spedito così, registrata con il telefonino per non dimenticare gli accordi e lui dopo un paio di giorni, e senza che ne avessi la minima idea, l’ha trasformata in un pezzo dub… da cosa nasce cosa ed abbiamo scritto Sheena.
Ci ho tenuto a conservare la demo originale di Stronger Than Pain e metterla all’inizio di Mad Woman, il disco inizia proprio con quello spezzone di demo. Stronger Than Pain è il principio di questo viaggio. Lavorare con Prince Jaguar per me è molto bello. È molto profondo il livello di complicità ed empatia che riesce a creare durante le session. È circondato da musicisti validissimi e da una catena molto solida di rispetto e fratellanza.

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RR: I nomi che ho citato prima sono chiaramente delle mie immagini estetiche per descrivere ai lettori di questa rubrica le melodie che caratterizzano la tua produzione. Ma, chiedendolo direttamente a te, quali sono le tue ispirazioni? Cosa ascolti quotidianamente per nutrirti di musica? C’è per esempio una bellissima cover di Mina nel brano Whisky.

TM: Nel caso particolare di Mad Woman, le mie ispirazioni si ritrovano nello spazio tra il rocksteady degli anni ’50 ed il dub di oggi. Da una parte gli anni ’90 con Militant P e la nascita delle Posse,
i Different Style di Bari e l ‘I&I di Altamura; e dall’altra Rockers, il film del ’78. La cultura giamaicana è radicata nella gente del mio paese, ed è radicata nel mio passato; ho voluto descrivere quello da cui provengo. É come se fosse un capitolo della mia vita che ho sentito il dovere di onorare e cristallizzare.
Il motivo bisogna ricercarlo in un grande senso di appartenenza, nella lealtà di alcuni sentimenti.
Tutto quello che c’è intorno a Mad Woman e a questo concetto è il mio bagaglio personale di esperienze accumulate in anni on the road tra l’Inghilterra, l’America e l’Italia. Troppo difficile da sintetizzare, ma lo “scirocco” di cui parli è probabilmente tutto quello che la cultura anglosassone bianca e nera, europea e d’oltreoceano, mi ha insegnato nel corso di dieci anni.

RR: Gran parte delle liriche sono in proper english, salvo per qualche pezzo in italiano. Quanto è importante la lingua straniera oggi nel mondo della musica italiana? Quanto pesa la musicalità dell’inglese nel tuo stile melodico e, in particolare, in un album come Mad Woman?

TM: Insegno inglese. Ho vissuto in Inghilterra per tanti anni, penso in inglese e continuo ad avere molta confusione quando parlo in italiano. Nel senso che a volte mi perdo a cercare le parole, sono abituata a pensare in inglese da tanto tempo. Nonostante sia tornata in Italia dal 2014 in maniera piuttosto stabile, adesso forse parlo in inglese ancora di più. L’inglese non è mai stato un problema fino a che non ho deciso di fare musica in Italia, dall’Italia e per la mia Italia. Per essere in coerenza con me stessa ho fatto delle scelte ben precise ed ho preso la responsabilità delle mie azioni, ho pensato con la testa di chi ha bisogno di punti fermi per promuovere la mia musica in questo paese, e per farlo dovevo passare dalla lingua italiana. Ho passato tutta la vita a studiare autori in lingua inglese, cosa che ho fatto pochissimo con gli autori italiani… Whiskey è un B-side di Mina poco conosciuta, una canzone che ho fatto mia già da molto tempo, ma trasformarla in accordo con il concetto di questo disco è stato veramente molto, molto difficile. Infatti il merito di quel pezzo va a Prince Jaguar e Tony French, non a me.

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RR: Il viaggio è appena iniziato. Il venti dicembre esce il disco e immagino parta anche tutta la promozione intorno. Cosa dobbiamo aspettarci da te nei prossimi mesi? Hai già delle date dove poterti ascoltare live? Sono previste collaborazioni con altri artisti reggae nazionali o internazionali?

TM: Stiamo ancora definendo le date del tour promozionale che parte a febbraio. Non posso dire altro perché non ho la più pallida idea di cosa succederà!

RR: Concludo con una domanda che sembra non c’entrare un cazzo, ma te la faccio lo stesso. Tu, Teta, in media la mattina qual è la prima cosa che fai quando ti svegli? Te lo chiedo perché in questi giorni io, per prima cosa, appena sveglio metto su il tuo disco…

TM: Io la mattina appena sveglia metto su www.reggaeradio.it e mi crescono le radici! Grazie di cuore.

Grazie del tempo che ci hai dedicato, davvero. Il disco non è più in anteprima, lo potete ascoltare anche voi e bullarvi con gli amici di aver trovato una nuova cantante italiana che spacca.

 

Photos by Jon Shard e Vito Petronella