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Ellen G è la grafica che hai sempre sognato

Ellen G è la grafica che hai sempre sognato

Una volta intorno a un tavolo alle cinque del mattino con Giki si diceva:
“Dovremmo scegliere una grafica di copertina per il nostro mixtape. Qualcosa di bello tosto.”
Ricordo che restammo in silenzio per alcuni minuti e alla fine entrambi biascicammo qualcosa tipo:
“Quelle dei Mungo’S sono davvero fighe come copertine”.

Per quanto possa sembrare assurdo riuscire a dire cose sensate alle cinque, sono sempre stato convinto che le copertine dei dischi di Mungo’s Hi-Fi abbiamo una marcia in più e siano un segno distintivo di un genere che non brilla proprio in quanto a grafica, ultimamente.
Vero, la foto è diventata di rito. Il viso del cantante, del gruppo, del dj deve essere in primo piano e riconoscibile perché la reggae music non è martellante come il pop in quanto a iconografia. Si tende a scambiare tutti per Bob Marley, non so se vi è mai capitato, parlando con qualche parente…
E se da un lato la foto cafona da dancehall tune non è un problema, visto che in qualche modo quel gusto e quell’estetica c’è sempre stata anche nel passato, di certo non si può dire lo stesso dei altri generi del reggae, visto il suo legame con l’arte underground, street, molto personale e in sinergia con uno stile grafico quasi artigianale. Mi riferisco a quello che si può vedere e ammirare su un libro come Reggae Soundsystem uscito per Thames & Hudson e facilmente reperibile su Amazon.

Così, ho deciso di scrivere un articolo su questo argomento, ovvero sul rapporto grafica e reggae. Per inserirlo in Gyal Powder avevo bisogno di una signorina e quindi ho intervistato Ellen G che tra le altre cose ha lavorato proprio con Mungo’s Hi-Fi.

RR: Ciao Ellen, vuoi presentarti ai lettori italiani?

EG: Vi ringrazio molto per questa intervista! Nasco come selecta del sound My Lord in Israele, insieme a mio marito Ranking Levy DJ e MC. Con il tempo abbiamo iniziato a progettare copertine e poster per album, etichette e produttori di reggae in diverse parti del mondo.

RR: Come è nata la tua relazione con la musica reggae? Mi sembra di capire che tu sia molto legata alla massive UK. Hai una sorta di esclusiva con Mungo’S o collabori con altri artisti e sound?

EG: La mia relazione con il reggae è iniziata con il sound, con la musica e il mio lato selecta. Infatti, in primis, ho dipinto spontaneamente ritratti di icone reggae in olio su tela per My Lord sound e solo dopo ho deciso di provare a fare graphic design per poster e album. Mungo’S sono stati i primi a darmi fiducia e abbiamo iniziato a lavorare insieme. Nel Regno Unito ho collaborato e collaboro anche con Tuff Scout, Necessary Mayhem, Benny Page, disegnando copertine di album per artisti come Williamz, Solo Banton, Charlie P, e varie compilation. Sto lavorando anche con General Lee High Power di Londra. Ho anche lavorato con Jahtari dalla Germania, e con artisti americani e giamaicani. Lavorare con tutto il mondo è una manna dal cielo. Ho l’opportunità di conoscere culture diverse attraverso la passione per la musica. Mi è piaciuto un sacco, per esempio, lavorare con una crew di Dubai, un posto che fisicamente non posso raggiungere per via della complicata situazione di Israele con il resto del Medio Oriente. Le persone possono connettersi grazie ai propri interessi culturali nonostante i confini e la politica che spesso ci dividono.

RR: Come è il tuo working flow? Ricevi un suggerimento e cominci a disegnare o è tutto basato sulla tua totale creatività? Come lavori? Computer? Matita? Wacom?

EG: Diciamo… a volte i promoter sono molto specifici e in altri casi ho la libertà di trovare un’idea anche con l’aiuto di mio marito. Quando si lavora su copertine il discorso è più specifico. Di solito l’artista o l’etichetta hanno già un’idea concreta, ma mi permettono di usare la mia creatività per il visual.
Non uso wacom (tavoletta grafica), l’ho provata, ma preferisco l’old school carta e matita.
La mia tecnica preferita è l’olio su tela, ma poiché ci vuole molto tempo per asciugare, rallentando il lavoro, utilizzo acrilici, penna e inchiostro. Ultimamente ho scoperto gli acquerelli che mi hanno aperto un mondo! Uso anche il computer per un po’ di post-produzione, ma non mi trovo bene perché non ho il pieno controllo del ritmo. Se il computer si rallenta o elabora troppo è come se sentissi rallentare anche la mia volontà. Ecco perché quando il cliente vuole cambiare qualcosa sul finale, preferisco disegnare di nuovo, piuttosto che perdermi dietro al software.

RR: Il messaggio è molto importante, non solo messaggio musicale, ma anche visivo. La tua fonte di ispirazione? Hai una “vecchia scuola” a cui riferirti?
EG: Quando ho iniziato con i ritratti reggae, ho voluto presentare una immagine diversa all’interno di un retaggio culturale tipico della nobiltà europea o dei santi cristiani. Cercando di seguire la tecnica dei vecchi maestri, il mio scopo era quello di stimolare una sorta di rivalutazione del soggetto ritratto e del discorso attorno ad esso. Per suggerire un’allargamento degli orizzonti culturali mettendo quel genere musicale molto specifico sotto i riflettori. Per quanto riguarda l’eredità “vecchia scuola” è fatta da “vecchi maestri”: i Rinascimentali, Michelangelo, Raffaello, Leonardo. Studiando le loro tecniche ho provato ad applicarle ai miei quadri, come per esempio dipingere strati di colori trasparenti per produrre profondità. Ho studiato le basi della pittura realistica da piccola, ma non ho mai continuato a livello accademico. Ho preferito studiare la storia dell’arte per espandere la mia conoscenza sull’intero concetto artistico e sulla filosofia, le sue radici. E amo lo studio e la ricerca. A livello di design sono attratta da l’arte nouveau, il deco, l’avanguardia degli anni ’30 e ’40. Apprezzo anche il contemporaneo, ma credo di poterlo apprezzare solo come uno sviluppo e un’innovazione dell’intero patrimonio artistico a lui precedente.

RR: Pensi che il visual e la grafica siano cambiati nella cultura del sound system?
Se sì, come?

EG: Penso dipenda dai periodi e dal mantenimento di una iconografia africana e caraibica. Con una sorta di ritardo decennale sulle mode stilistiche per così dire “generali”. Per esempio, le cover negli anni ’60 in Giamaica sono state disegnate con uno stile che ha coinvolto praticamente tutto il mondo negli anni ’50, dieci anni prima. Le immagini minimaliste e nitide, taglienti, colori vivaci e caratteri allegri. Quando lo stile figurativo e psichedelico degli anni ’60 e ’70 dominava il design discografico, concentrandosi maggiormente sulla consapevolezza sociale, in Giamaica la consapevolezza era riconducibile al design degli album roots. Artisti come Jammal Pete, Tony McDermott sono stati per me fonte di grande ispirazione. Amo anche i disegni di Denzil “Sassafras” Naar, sono grande fan dei suoi cartelli scritti a mano, assolutamente trendsetter. Per quanto riguarda il design, per me personalmente l’epoca d’oro reggae è stata negli anni ’70 e ’80 (con l’incredibile Limonious, king designer giamaicano), mentre negli anni ’90 la computer grafica ha preso il sopravvento. Oggi, comunque, esistono fantastici artisti in Giamaica, come Taj Fracis, che credo usi il computer, mantenendo il suo stile originale, o Michael Thompson, che da poco è scomparso, ma è stato un king di stile. Aveva anche fondato Reggae Poster, lasciando un segnale che incoraggia artisti provenienti da tutto il mondo alla creatività e all’espansione dei confini culturali.
RR: Gyal Powder si concentra sulle ragazze e sulle donne nella black music. Pensi che le donne siano in una posizione rispettabile nella musica reggae e nel mondo del design? O sono sempre in difficoltà a trovare un modo per proporre, promuovere e realizzare il proprio lavoro?
EG: Una storia complicata, decisamente. Non posso negare che la scena del reggae sia sempre stata orientata al machismo, e aggiungo a questo l’atteggiamento pregiudiziale esplicito e implicito nei confronti delle donne, che diventano veri e propri oggetti, sia che sia con toni scherzosi come nel mento, calypso o ska, fino ad arrivare alla violenza offensiva come in certe tune dancehall. Però, vedi, non puoi togliere le differenze intrinseci tra i sessi e la sensualità istintiva solo perché a volte può portare un problema di contenuto. C’è di mezzo la passione, è difficile evitare il conflitto. Inoltre, ho notato durante i miei viaggi in Giamaica, che anche le donne sono propense a mercificare gli uomini proprio come gli uomini fanno con loro, quindi non puoi puntare il dito su un solo genere musicale. Pensi che sia un problema globale che noi come società in generale dobbiamo preoccuparci. L’empowerment femminile si manifesta nella cultura reggae così come la volontà di raggiungere armonia e accettazione. Spero solo che la consapevolezza delle ingiustizie andrà aumentando e un giorno vedremo una società priva di qualsiasi pregiudizio, sia esso di sesso, di razza, di nazionalità, di stato sociale.


RR: Sei il visual anche di un sacco di feste ed eventi. Frequenti la yard? Hai qualche bella storia da raccontare sui party? Siamo sempre curiosi di sapere come ci si diverte fuori dal nostro paese.

EG: Come selecta di sound system sono nata e cresciuta nella yard e dopo dodici anni ho una collezione di eventi, scene, ricordi memorabili. Assolutamente amo le good dancehall in Giamaica, dove puoi improvvisamente incontrare personalità di un certo pregio. Sono stata a qualche vecchio reggae event lì, tipo Stur Gav, sound leggendario di Daddy U-Roy, dove potevi incontrare tranquillamente gente del calibro di Charlie Chaplin, Little John, General Trees, Jah Thomas (che ci ha accolti gentilmente in casa sua) U-Roy stesso e molti altri artisti leggendari .Tutti loro insieme non sarebbero mai venuti in Europa. È meraviglioso vedere le interazioni tra i dj durante un live con il sound system, testi in freestyle, speech da paura, tutto in un clima super positivo. Anche noi come My Lord sound non scherziamo in quanto a party! Abbiamo ospitato Ranking Joe, Dennis Alcapone, Brigadier Jerry, Echo Minott, Sista Nancy, Trinity, U Brown, Top Cat, General Levy e molti altri. Queste dancehall sono sorprendenti. La quantità di vibrazioni che si ottiene ti riempie di energia e di ispirazione per un bel po’. Certo… poi c’è il mondo di Londra e Glasgow. Abbiamo suonato con Mungo’S visto che abbiamo gusti simili. Quando suoni, quando fai la selezione con i tuoi vinili e vedi Levy (tuo marito!) che fa original style sulle version, è davvero incoraggiante vedere la gente che gode e apprezza il momento. Sanno che il contenuto scelto, non violento o offensivo, ha un impatto fortissimo. Il messaggio culturale che passa attraverso i cuori della gente.


RR: Mai organizzato una mostra? O a un libro per raccogliere tutti i tuoi disegni?

EG: Sì, la maggior parte delle volte, su commissione. Ho portato io le opere o inviato i file di stampa. Ho esposto in Israele, Londra, Los Angeles (presso la galleria Subliminal, di proprietà OBEY), Glasgow, Birmingham e New York. Per quanto riguarda un libro, penso che sia una grande idea, anche se è un progetto piuttosto ambizioso, perché significherebbe un grande investimento di energie che per il momento preferisco spendere con la mia famiglia. Però, se l’occasione si verificherà non mi tirerò certo indietro. Ho un paio di cataloghi dalle mostre a cui ho partecipato, piuttosto difficili da reperire. A volte anche io faccio fatica a farmi mandare una singola copia…

RR: Hai qualche piano per il futuro? Dove possiamo trovare le tue opere e contatti su internet?EG: In questo momento sto lavorando su alcuni progetti ancora non definitivi per eventi e new release.
Il link flickr è: Eleng17 e c’è un’altra piattaforma su www.behance.net
Divertitevi!
E potete anche trovarci come My Lord Sound.

RR: Questa è una tipica domanda finale alla Gyal Powder… Cosa fai appena ti svegli? Io, per esempio, ho iniziato a fare un po’ di yoga presto la mattina, da un mese…
EG: Figo lo yoga. Io faccio pilates che è molto simile, ma solo quando mi ricordo e può essere in momenti diversi del giorno, ogni volta che ne ho il tempo. Per quanto riguarda la prima cosa del mattino… un porridge di farina d’avena per mio figlio. Poi, insieme ci prepariamo per la scuola e ci sentiamo felici e molto grati per questi momenti meravigliosi insieme.

RR: Grazie mille per il tuo tempo, è stata una chiacchierata molto interessante.

EG: Grazie mille per la possibilità di condividere con voi i miei punti di vista e le opinioni.

 

 

Thanks to Bartosz Madejski, photographer.